Il sacrificio negli Scacchi e nella Vita

“Osserva!” disse allora il giovane bramino, “per vincere la battaglia, questo nobile guerriero deve sacrificarsi…”

Sissa indicò proprio il pezzo che il re Iadava aveva posto a capo delle schiere impegnate nel cuore della lotta. Ed ecco che d’improvviso, in un’istante, come un fulmine a ciel sereno, il re comprese che talvolta la morte di un principe è necessaria per assicurare pace e libertà al suo popolo.

Questo passaggio è il cuore della leggenda sulla nascita del gioco degli scacchi ed è stato uno spunto centrale per il tema della prima conferenza Gli Scacchi e la Vita: “il SACRIFICIO”. Un’idea molta cara, quella del sacrificio, per coloro che praticano il gioco degli scacchi.

Ma cos’è il sacrificio?

L’etimologia della parola descrive già di per sé l’azione che sottintende Sacri-Ficio, Sacro-Fare, ovvero fare la cosa sacra. Ci tengo a precisare che con “sacro” NON si vuole intendere un concetto religioso, ma più semplicemente: tutti quegli sforzi che ci avvicinano al nostro obiettivo, cioè quegli sforzi che guidano (o dovrebbe guidare) le nostre azioni.

Troviamo questa parola nascosta anche nella casta a cui Sissa stesso appartiene: il bramino o brahmano che equivale al nostro sacerdote ed è competente nell’interpretazione dei Veda, termine con cui si indica l’insieme dei testi sacri indiani e si può tradurre con “saggezza”.

Infatti il SACER-DOTE, etimologicamente parlando, è colui che si occupa delle cose sacre.

Perché il re deve sacrificare proprio suo figlio?

Per rispondere a questa domanda occorre leggere fra le righe la simbologia della storia e del gioco degli scacchi.
Spesso infatti per ottenere un guadagno o una posizione di valore maggiore, più elevata rispetto alla condizione di partenza (in questo senso potremmo chiamarla divina), dobbiamo sacrificare una “parte di noi”, una nostra abitudine per esempio. 

Se portiamo l’attenzione sulla nostra vita diventa semplice osservare che per raggiungere il nostro obiettivo occorre rinunciare a molte piccole comodità: idee che ci siamo fatti sulle persone o sulla vita, modi di pensare frutto di un nostro lavoro o un’esperienza precedente, schemi facenti parte dell’educazione che abbiamo ricevuto, ecc.

Tutte queste opere sono ciò che è prodotto dall’Uomo: rappresentano dunque le cose “terrene” in contrapposizione con quelle sacre, “divine”. Non a caso il re deve sacrificare proprio suo figlio, simbolicamente ciò che egli stesso ha generato …

Ma allora perché oggi si collega la parola sacrificio a qualcosa di doloroso e non piacevole?

Come accade anche per molte altre parole, è più facile sottolineare la parte meno positiva. Di tutto il significato legato al “sacrificio” è resa evidente la perdita iniziale di qualcosa rispetto all’ottenere un grande risultato, ciò che vuoi veramente, in un secondo momento.

L’aspetto curioso è che quasi sempre (per non dire sempre) il sacrificio rappresenta l’unica via possibile verso la realizzazione dei propri obiettivi più intimi. E questo la fiaba degli scacchi lo insegna molto bene.

Se la riflessione di questo articolo ha fatto nascere in te il desiderio di scoprire i segreti celati dietro a dei simboli così antichi (gli scacchi e la scacchiera) quanto moderni, non esitare ad approfondire il mondo degli scacchi e la reazione che esso ha con la vita di tutti i giorni. Potrai farlo, se lo vorrai, continuando a seguire le mie news e iscrivendoti alla mia newsletter.